Dentro l’oltre

di Voirhumain a cura di Chiara di Blasi

 

Mish Mash Festival 2025 / Cisterna del Duomo Antico

Giada Ilacqua, in arte Voirhumain, nasce come video-maker, medium completamente assente in mostra. Il lavoro di Voirhumain non è che il prodotto dell’inevitabile scontro degli artisti contemporanei con l’inarrestabile avanzamento dell’intelligenza artificiale. Davanti alla scelta di molti creativi di lottare, battere i piedi, rivoltarsi contro la diffusione dell’AI, Voirhumain ha scelto la direzione opposta: dopo anni di studi capisce che l’AI può fare in pochi minuti ciò che a lei richiede giorni, e lo accetta. Schiacciata e accartocciata si rifugia in un eremo inaccessibile all’intelligenza artificiale, lo scarabocchio, qui simbolo di ribellione davanti alla precisione meccanica: lo scarabocchio è irriproducibile all’AI per sua stessa natura, può essere ricreato nella forma ma non nel processo, la totale casualità che lo caratterizza non è accessibile a uno strumento basato su un algoritmo che, nonostante le infinite variabili, è mosso da regole definite.
Se quindi lo scarabocchio nasce come forma di sberleffo all’AI, uno sgarbo di bimbo arrabbiato, si trasforma in forza sovversiva, nutrito, infuso, dell’orgoglio d’artista riuscita a sfuggire alla presa dell’AI, a non soccombere ad essa. Altro tratto distintivo dell’uomo è l’empatia: le linee dello scarabocchio diventano nei disegni dell’artista persone, sono umanizzate seguendo una profonda regressione che supera in una corsa a ritroso l’infanzia dell’artista per collocarsi secoli addietro ed attingere ad un topos tradizionale dell’arte riconducibile alla pareidolia, il fenomeno ottico, poi elevato a modus operandi, che porta a identificare in macchie profili umani, figlia dell’innata ricerca dell’altro che caratterizza l’uomo. Nelle opere di Voirhumain ciò è tradotto non nell’individuazione della fisionomia di un profilo, ma di una personalità, opere che si configurano come ritratti psicologici, dei quali elementi anatomici costituiscono le coordinate.
La capacità di vedere l’umano dove non c’è è un processo al tempo stesso analogo e opposto a quello dell’AI: l’intelligenza artificiale imita la traccia dell’uomo, Voirhumain la rivendica materializzandola, una richiesta d’attenzione da parte dell’artista a chi è dietro alla linea: ascoltatemi, ascoltateci. In queste opere dell’uomo, oltre alle sue emozioni, rese forme astratte, rimangano solo gusto, olfatto, udito e vista, i sensi come ultimo avamposto, la Granada del creativo. Voirhumain concretizza una paura attualissima: la sostituzione dell’uomo da parte della macchina, timore che l’ottimismo dell’artista traduce in speranza, oltre che in testimonianza storica della condizione attuale dell’arte e dell’artista, non tramite il pathos della tragedia ma con sentimenti umani espressi attraverso la semplicità di un sorriso e l’eloquenza di una lacrima. I timori non sono svelati, sono impliciti nella forma.
In mostra il personalissimo percorso dell’artista incontra l’arcano universo dei Tarocchi. Superata la soglia – velata dalla XIII carta del mazzo, la Morte, in cartomanzia spesso associata a una fase di profondo cambiamento nel consultante, simbolo di trapasso dalla dimensione della materia a quella dello spirito – lo spettatore ha la possibilità di addentrarsi nel cuore della mostra invitato nell’opera dell’artista attraverso il mazzo di Arcani Maggiori da lei realizzati, apprezzandone sia le qualità estetico-artistiche che quelle esoterico spirituali. Il mazzo è collocato sul tappeto ed è circondato da cuscini parte della produzione tessile dell’artista, che include anche opere interattive come quella presente in sala.